domenica 30 settembre 2012

La barba dello zio Fabio


La barba dello zio Fabio è di tutti i colori, ma il più delle volte esce in incognito, travestita da barba qualunque.
La barba dello Zio Fabio è gialla di lunedì, arancione quando le va e la domenica è azzurra per tutto il giorno.
La barba dello zio Fabio è tutt’altro che una barba, difatti è simpatica da morire e ride e scherza con tutte le barbe del circondario, persino quelle dei monumenti.
La barba dello zio Fabio sa milioni di barzellette ma, non avendo la bocca per raccontarle, le tiene tutte a mente, col risultato che le scappa sempre da ridere, ma dove scappi dovete scoprirlo voi.
La barba dello zio Fabio ama l’ordine e, la mattina, si sveglia presto e si stira fino all’ultimo pelo.
Si stira anche lo zio Fabio, perché è appena suonata la sveglia.
Si alza contento, mette la barba, infila i vestiti (credo in una busta), pettina bene il sorriso ed esce di corsa perché è domenica, e va a giocare con le sue nipotine. 

venerdì 28 settembre 2012

La mia testa


Conosco un mini-matto,
che vive sempre in festa,
è proprio un mattarello,
mi arriva sulla testa.

La testa è ancora intera,
la forma di una pera,
il gusto di un tartufo
e vola come un ufo.

Vola come un aereo,
canta come uno stereo,
salta come un canguro
e a volte becca il muro.

Ma neanche li si è rotta,
sembra una pera cotta,
la cotta è medievale,
e infatti è carnevale.

La mia testa ragiona,
la picchi e ti perdona,
a spicchi è un po’ più buona
e se la batti suona.

Suona però non canta,
canta però non suona,
la assaggi ed è una santa,
infatti e tanto buona.

giovedì 27 settembre 2012

Il francobello


Ho un’amica con i piedi all’insù, la testa di lato ed il braccio girato. Ma questa è un’altra storia.
Riguardo a questa storia, vi racconterò invece di quella volta che la mia amica spedì una lettera a suo zio ereditato.

PARENTESI
Forse pensate a uno zio ereditario. E invece no. Oppure che ereditò DA uno zio, magari d’America, una fantastica Cadillac e una bella casa galleggiante. Ancora: no!
Se veramente non vi è mai capitato di ereditare uno zio, sappiate che lei ne ereditò uno: dopo una vecchiaia gioiosa e una serena dipartita, sua nonna lo incluse nel testamento a favore di Ornella (così si chiamava la mia amica): lo zio fu collocato ordinatamente tra le cose della nonna e spedito a casa della sbilenca ereditiera in un sontuoso pacchettino verde.
Ornella pensò a lungo a dove collocare lo zio, ma in anticamera c’era già l’attaccapanni, in camera da letto c’era già il letto, in cucina c’era già la cucina. Così lo zio ereditato venne spedito nella casa in montagna, dove c’era una stanza per gli ospiti.
Mi piacerebbe raccontarvi di un’avventura impensabile che accadde una volta allo zio in questa casa, ma siccome non posso pensarla, per oggi mi limiterò a dire che non c’era il telefono e che per questa ragione, due volte al mese, Ornella scriveva una lettera allo zio. Quella volta, in particolare, gli scrisse la lettera A.
CHIUSA PARENTESI

Arrivata di fronte alla buca delle lettere, giunse il solenne momento dell’affrancatura (perché solenne non saprei, dato che non si trattava di SOLE ENNE ma, come già detto, di una A).
Accadde però che, per una particolare svista del tabaccaio da cui Ornella stava acquistando il francobollo, le venne venduto un FRANCOBELLO.
Francobello, che era alto 1.80, biondo e con un sorriso bellissimo, in quel momento dormiva per cui non fece nemmeno in tempo a presentarsi. La ragazza, dal canto suo, presa dalla solennità del momento, non si accorse minimamente dell’errore, leccò una spalla di Francobello e lo appiccicò alla lettera da spedire allo zio.
Non vi dico a imbucarlo: non c’era modo di inserirlo nella fessura e per essere sicura che la sua missiva non venisse smarrita, legò la lettera con tanto di Francobello alla buca delle lettere con una serie di elastici che le spuntavano dalle tasche. Quindi se ne andò a casa serena.













La mattina dopo, fu una postina a trovare Francobello e se ne innamorò perdutamente. Perduta che ebbe la mente, tuttavia, non assunse un aspetto molto intelligente: il giovane dovette aiutarla parecchie ore a cercarla prima di potersi a sua volta innamorare della postina (che non era Tina, ma quella che viene dopo). Insieme, partirono alla volta delle cascate del Niagara.
E la lettera?
Arrivò puntuale, anche se lo zio ereditò una bella multa.
Tuttavia ne valse la pena: la A era una delle sue lettere preferite. Rientrato a casa,  la collocò sullo scaffale in bella vista subito prima di una H, fece una doverosa risatina e si sedette soddisfatto a fumare la pipa. 


mercoledì 26 settembre 2012

Giulietto sotto i baffi


Giulietto rideva sempre sotto i baffi, ma poiché aveva 5 anni, dovette aspettare a lungo perché i baffi gli crescessero. Nel frattempo non si può dire che ridesse sopra i baffi, giacché che i baffi non c’erano. In compenso a pranzo e cena sbafava sempre tutto e una volta, nell’ora di educazioni artistica, scolpì un bellissimo BAFFORILIEVO.
Un bafforilievo è un rilievo che fa un baffo ai bassorilievi, agli altorilievi e persino ai rilievi di media statura. Una volta che quel baffo fu fatto, Giovannino ne fece subito un altro e ci si mise sotto ridendo a crepapelle. Rise così tanto che i baffi sotto il suo naso non sentirono alcun bisogno di crescere finché non compì 21 anni. 

martedì 25 settembre 2012

il cognato


Questa è la storia di cosa successe quando Giovannino, fortemente immedesimatosi nella zecca dello stato, sostenne di aver COGNATO una moneta.
C’è un errore, dite? Si potrebbe anche pensare, dato che siamo all’Accademia degli Errori.
Invece no: Giovannino, quel giorno, aveva proprio una moneta per cognato.
Non vi dico sua sorella, che convinta di aver sposato un bel fustacchione, si ritrovò di colpo un marito di oro zecchino.
Meglio zecchino che zuccone, sostenne la nonna, ma lei non fu contenta lo stesso. In compenso fu contante, l’unico modo che le rimaneva di mantenere i contatti col suo marito fresco di conio – o di cogno? O di cognome?
“Franchi.”
Oh mamma! E di nome?
"Marco."
Buonanotte. Dunque Antonietta ha anche un marito fuori corso, e sì che al liceo sembrava così intelligente.
Antonietta, per chi non l’avesse capito, è la sorella di Giovannino, che ora è una banconota. Difatti è nota al banco, e il banco a cui è nota è quello di Luca, compagno di banco di Giovannino che colleziona monete fuori corso.
Giovannino, dopo una bella trattativa,  ha scambiato il cognato con una figurina del calcio (non pensate a un calciatore, è proprio una figurina che raffigura un calcio), ha venduto la merenda in cambio della sorella e ha riunito la famiglia in un grande salvadanaio a porcellino.
Nel salvadanaio c’era un prato, sul prato splendeva un sole smagliante e la sera, prima di arrivare, ci ha messo tutto il giorno e anche di più. 








Questa storia è vera e posso dimostrarlo. 
Ecco la foto del porcellino:




I gusti di Dindirina


Dindirina è una regina
al sapor di ovomaltina,
sa anche un po’ di cioccolato,
sa di zucchero filato.

Se lo zuccherò è filato,
dove poi non lo si sa,
ma è il sapor di Dirindina,
di sicuro una bontà!

sabato 22 settembre 2012

La gatta di Dirindina

La regina Dirindina
ha la testa pelatina,
così che sulla sua zucca
ci ha piazzato una parrucca.

La parrucca però è viva,
è una gatta che dormiva!
Per far sì che quella resti
ha cercato dei pretesti.

Non sarà una gran trovata,
ma alla fine si è versata
del buon latte sulla testa
e così la gatta resta.

La vespa di Teresa


La vispa Teresa
correa tra l’erbetta,
col mutuo si è presa
una motocicletta.

E tutta giù china
per fare anche prima
gridava a distesa:
“Mio Dio che ripresa!”

Ma il vigile Ascanio
Si ferma e fa: “Ohibò!
In piega sul prato,
che multa ti fò!”

Confusa e pentita
Teresa arrossì,
sgasò un attimino
e lo lasciò lì! 


L'antica mela


Avevo una mansarda,
me la tenevo in tasca,
l’altra mano, lombarda,
se la reggo non casca.

La mela che tenevo,
alla riga seconda,
colta nel medio evo,
è diventata bionda. 

Colta nei tempi andati,
poi sempre più ignorante,
l’ho proposta a un amico
che l’ha data a un passante.

Il passante ha apprezzato
e, giacché ferroviario,
era molto ferrato
e l'ha presa in orario!

venerdì 21 settembre 2012

Se vado dove vedo


Se vado dove vedo
non vedo dove vado,
di picchiare la testa
mi succede di rado.

Se vedo dove vado
ma non vado dove vedo,
poi vada come vada
per questa o un'altra strada.

Se instrado quel che vedo
ma in strada non mi siedo
mi chiedo dove vado
forse nel medio evo.

Mi attenderà un castello
senza malinconie
ma cosa ci entro a fare
saran poi cose mie?

Son mie come le cose
che erano di Giuliano,
di Luca di Vittorio,
di Asdrubale e Ottaviano.

Perché lo dico piano,
solo perché è un po' tardi:
non c'è cosa di alcuno
che un po' non ci riguardi.

mercoledì 19 settembre 2012

una storia in sette tappe


Dunque la storia inizia così: la signora Beppina è alta così poco che arriva al ginocchio di chiunque, anche delle persone molto più basse di quelle alte. Questo avviene perché la signora Beppina, che ci tiene a mantenere sempre lo stesso livello di bassezza, è regolabile.
Proseguendo, incontriamo la zia Marisa, così bassa che sembra ce ne sia solo qualche pezzo: per alcuni, i piedi e la testa; per altri, lo spalle e il dente del giudizio. Ma poiché Marisa non ha mai messo giudizio, ne restano solo le spalle con tanto di gobbetta. E zia Marisa è bassa proprio così. 
La terza tappa ha una storia diversa: tanti anni fa, infatti, ha mollato tutto e sposato un bottiglio. Se è come immagino, non avrete mai sentito parlare di bottigli... Difatti, quel bottiglio non era di queste parti!
La quarta tappa è così bassa che sembra alta, o almeno così pare alla quinta tappa che è ancora più bassa. A volerlo quantificare, se non è alta la metà, è sicuramente bassa il doppio.
La sesta tappa qualcuno l'ha vinta per sbaglio facendo il giro d'Italia e lei, che era sì bassina ma anche tanto permalosa, non l'ha presa bene per niente.
La settima tappa invece è così tappa che è alta all’incontrario: quando passa, la terra fa una specie di solco per farla passare: conta -6 centimetri di altezza e, nella stagione giusta, viene chiesto il suo aiuto da grandi e piccoli agricoltori per arare i campi di grano.
Riguardo all'ottava tappa, è alta 1,75 e in effetti credo che sia cresciuta mentre eravamo distratti. Per questo le tappe sono sette e l'ottava, vi giuro, se le è messa tutte in tasca. 

lunedì 17 settembre 2012

il re Ginaldo


Conosco un tale che è proprio tagliato per la vita del regnante: è un re nato, e si chiama Renato.
Tutti le domeniche Renato e gli altri re suoi amici, si trovano a giocare in un grande prato che confina con tutti i regni.
Quasi sempre prendono in giro il povero Re Gino:
“ciao Regino,” gli dicono, “dove hai lasciato tua FRATELLA? 
"Mio SORELLO maggiore è in ritardo, ma arriva per le tre e mezza!”
Povero Gino, e dire che lui è così buono che non ha mai dichiarato guerra a nessuno, neanche a suo Cugino, che si chiama anche lui Gino e vive in un cucù.
Alla fine lo prendono in giro così tanto a quel modo, che una volta una FRATELLA arriva davvero: è un incrocio tra un FRATE e una FRITTELLA, cioè un predicatore tutto sbocconccellato (a assaggiarlo, davvero gustoso), con la faccia preoccupatissima, che continua a ripetere “Sono fritto!”
Poco dopo, ecco un'altra FRATELLA di tutt'altra specie, nata quella mattina da una FRASCA e una CARAMELLA, alla cui ombra si schiacciano dei sonnellini davvero dolcissimi.
Questi sonnellini sono così dolci che, quando provavano a chiedere di non essere schiacciati, nessuno presta loro attenzione. Uno di loro, poverino, loro tenta di richiamare l’attenzione gridando: “Son Nellino!”. Ma nessuno lo ascolta, forse perché non è un re (una volta, a dire il vero, lo era, ma il piccolo Re Nellino" fu inavvertitamente scambiato per "Rene Lino" da un chirurgo di passaggio che lo trapiantato in un luogo a noi sconosciuto).  
Tornando invece al grande prato regale, non si è vista per ora alcuna traccia di un SORELLO; accade però che Gino, che cammina guardando attentamente il suo naso, sia molto SORPRESO di scontrarsi con un POVERELLO di nome Aldo, che ha appena perduto il suo regno a tresette.
I due diventano amici così inseparabili che sembrano uno solo: vedendoli arrivare da lontano, i re gridano: "guardate, arriva Ginaldo!”. E Ginaldo, per un re, è nome tanto sontuoso che nessuno potrebbe mai sognarsi di prenderlo in giro. 

sabato 15 settembre 2012

il signor Sbadario


Il signor Sbadario si confonde sempre.
Si confonde tra la folla, si confonde tra questo e quello, ma non solo:
una volta si mette il giornale per leggere gli occhiali. Inutile dire che non legge proprio niente, e sì che avrebbe dovuto esserci l’inserto sulla cultura!
Un’altra volta, data la pioggia, indossa suo figlio per andare a scuola a prendere l’impermeabile.
Non vorrei dirvi quanto hanno riso i compagni del piccolo Roberto, a 15 anni ancora sulle spalle del papà.
L’altro ieri, invece, ha preso fiaschi per fischi: tutti i fischi li ha infilati nei fiaschi, tutti i fiaschi li ha posati in uno zaino capiente e li ha portati nel bosco.
Nel pieno silenzio della natura, ha preso un fiasco e l’ha aperto appena appena, quel tanto da far uscire un fischio lieve che ha fatto da richiamo per cento uccellini del bosco. 

venerdì 14 settembre 2012

la fossa delle Marianne


Un giorno, il fronte di liberazione delle Marianne, decise di togliere tutte le Marianne, che non erano comode per niente, dalla fossa delle Marianne.
Le Marianne si sparsero velocemente per il mondo, tutte sorridenti perché il bel sole aveva fatto passare loro i reumatismi di tanto tempo passato negli abissi.
Chi le incontrava era quasi sempre contento, muoveva il naso e esordiva con voce squillante: “Marianna, quanto tempo! Ma dove ti eri cacciata, in fondo al mare?”

il parente


C’era una volta un parente, era un parente stretto, solo che non sapeva di chi. Anche se non lo sapeva, quando glielo chiedevano rispondeva sempre "sì", e così si ritrova chiuso in una parente-si. Meno male, perché se si fosse ritrovato aperto in una parentesi, bisogna poi vedere se qualcuno l’avrebbe potuto chiudere. Chiudere come, poi?
In molti se lo chiesero, nel paese delle fate biscottate di Pirimpimpino Calabro, dove il parente tentava di scovare il suo benedetto parentado.
Forse si sarebbe dovuto fare una ragione di tutto ciò e trovare un parentado nuovo, ma un vigile, vedendolo neo-parentado e senza che neanche avesse allacciato le cinture, avrebbe potuto ritirargli la parente. Per ritiragliela, poi, sarebbe stato necessario che sbagliasse mira al primo colpo, mentre un colpo avrebbe potuto prendere alla parente durante il primo o il secondo lancio, o tiro, solo che non fuma dal 2006. 
Allora il nostro parente studiò molto, studiò tanto che chi lo guardava all'interno della sua parentesi, pensava: “pare in tesi”.
Ma poiché io, di tutto ciò, quel che mi pare intesi, ovvero intesi quel che mi pare, decido di optare per farmi delle pare, per capire come farmi le quali provo a imparare a non farmene e poi a fare il contrario, partirò col fare il contrario del contrario di quello che ho detto, che non so cosa sia.
Intanto, il nostro parente sta ancora cercando casa, vi piacerebbe adottarlo?

mercoledì 12 settembre 2012

i colori per giocare


coi colori, che puoi fare?
Puoi mangiarli, puoi giocare,
colorare ti conviene,
se le teste, non le schiene.

Se le schiene non le teste,
non si sentano proteste,
chi è pro-teste, come me,
al processo va da sé.

Va da sé ma vengo anch’io,
sono nipote e sono zio,
sono zi-astro perché sto
sulle stelle e dico ohibò!

martedì 11 settembre 2012

il fiorilegge


Parlando con Gino, si diceva così:

«Ho portato la macchina dal carrozziere.»
«E hai sbagliato tutto. Io avevo un amico che ha portato la carrozza dal macchiniere e non ti dico come sono finiti i cavalli.»
«Come sono finiti?»
«Non lo so, per questo che non te lo dico. Forse non sono neanche finiti, dev'essercene ancora uno o due. Vuoi favorire?»
«Favorire quale?»
«Non saprei, il tuo preferito, o anche l’altro, per non farlo sentire da meno.»
«E il macchiniere?»
«Dimenticalo. Cosa ne dici di un macchinista?»
«Non vorrei macchiarlo, metti che sia permaloso.»
«Potresti portargli dei fiori. Se però non ti fidi del fiorista e non ti fidi del fioraio e preferisci rivolgerti a delle donne (magari ti ispirano più fiducia), ti restano solo le fioriere.»

E mentre l’idea della fioriera fioriva nella mia testa, incontrai nientemeno che un FIORILEGGE, che colse tutti i fiori del circondario, me li mise in mano, mi spinse dalla Greta, proprio quella da cui mi vergognavo ad andare, suonò il campanello e, quando lei scese, il mio cuore volò tanto lontano che per trovarlo dovette levarsi in volo anche lei. 

...senza mai respirare!


Adesso basta, mi ha detto Pierino,
mi sembra sia sera, tra poco, mattino,
non posso aspettare degli altri pensieri,
non voglio aspettare che oggi sia ieri,
la mano di porgo felice e beata,
la mano che accoglie, la mano fatata,
nel mondo è finita, non si può fermare,
milioni di teste potrà accarezzare,
teste di bambini, di adulti sbadati,
che l’hanno perduta, ma poi l’han trovata,
le mille carezze lavoran dal cuore,
portando alla luce qualunque colore,
se rime e inflazione non vanno d’accordo,
ripetilo ancora così me lo scordo.
Non voglio pensare alle facce infelici,
ma ad altre carezze, per renderli amici.
Non voglio pensare ad un flusso che è fermo,
non voglio pensare ad un colle che è ermo,
non voglio le gobbe, non voglio chinarmi,
ma quando arrivate passate a chiamarmi,
c’è il mondo là fuori, di soste e colori,
di foglie e incertezze,
di tante stranezze,
milioni di foglie ed un ramo attaccato,
milioni di sguardi per un solo prato,
milioni di cuori per un sole solo,
e un raggio infinito per me sia per loro,
sia loro il sorriso, le lacrime e il pianto,
sia loro la luce di vita soltanto,
sia tutta la terra un’enorme regina
ed ogni secondo una nuova mattina. 

giovedì 6 settembre 2012

Nicoletto sugli allora

C'era un tale che amava adagiarsi sugli allora.
«Nicoletto, guarda che hai il piede tutto storto!»
«E allora?» 
e ruzzolava rompendosi una gamba.
«Nicoletto, la tua casa è volata via!!»
«E allora?» 
rispondeva imperterrito, andandosene al bar a giocare alla briscola.
Una volta arrivò al paese un signore tutto sporco, malandato e che non aveva i soldi neanche x comprarsi un ghiacciolo. Nicoletto lo portò a casa (si levarono in volo, dato che, ormai da qualche riga, la sua casa volteggia a mezz'aria), lo lavò, lo pettinò con la riga di lato e gli comprò persino il ghiacciolo.
La gente gli diceva: «Nicoletto, sei diventato matto, non sai neanche chi sia. E se ti desse un colpo in testa e si rubasse la tua bella casa attaccandola al filo di un aquilone?
E Nicoletto rimaneva zitto, perché certe domande non meritano per risposta neanche un "allora".


mercoledì 5 settembre 2012

un mio amico (né un nemico, né un batuffolo di cotone)


Avevo un amico che si chiamava Carlo,
e quando si chiamava Carlo, non si chiamava Carmelo, né Jonathan, né Adalgisio.
Però aveva le dita sottili, gli occhi azzurri e i capelli tutti sopra la testa.
Quando aveva i capelli sopra la testa, nessuno glieli aveva strappati giocando a fare la lotta.
Carlo non amava giocare alla lotta, ma era un gran lottatore,
e quando lottava non era perché gli avevano tirato i capelli, perché era inciampato o perché era quasi mezzogiorno.
Lottava quando teneva a qualcosa.
Quando teneva a qualcosa, magari teneva anche a qualcos’altro, ma la prima cosa non se la dimenticava mai, e andava avanti a lottare finché non aveva ottenuto quel che per lui era giusto.
Intanto i fiori sbocciavano, e quando sbocciavano non erano mai appassiti.
Il sole rideva perché, delicatamente, aveva spostato le nuvole e era venuto a visitare la terra.

ormeggiando Arturo


Un ormeggio di formaggio,
che sia in giugno oppure in maggio,
non è un posto assai sicuro
per farci sostare Arturo.

Così Arturo l’ho spostato,
con la nave sono salpato,
e il formaggio che ho ormeggiato
per la fame l’ho mangiato. 

lunedì 3 settembre 2012

torno per tantare


Tanto per tornare
o torno per tantare,
e se non tanto, almeno ci tento.
Mi sono allenato alle prove di tanto,
ero per gioco alle prove di poco,
non mi han convinto, le ho viste smunte,
c’eran due mucche e passando le ho munte,
c’era una vespa e per sbaglio le ha punte,
ma era divieto e si è presa due multe.
Era un divieto che in centro a Forlì,
diceva proprio ma proprio così:
vietato punger le mucche da latte,
vietato vietare o diventano matte. 

tanto per tornare


Queste righe sono poche
per parlare delle oche
che starnazzano di giorno,
di sicuro non ci torno.

Torno dove?
Che ne so?
Fiori piove!
E invece no!

Fuori luccica la pioggia,
chi ha un ombrello se lo sfoggia,
chi ha il cappuccio se lo beve,
se si scioglie non dà neve,

da soltanto del caffè,
parapiri parapè
aggrappato al parapetto,
vedo il sole sotto il letto,

questo sole sta nell’aria,
dice la mia amica Daria,
questo sole si respira,
sta nel cuore di chi ammira.

Cosa ammira? Me lo chiedi?
Forse il cielo, forse i piedi?
Se anche piove, sulla roccia
brilla il sole in ogni goccia.