giovedì 28 febbraio 2013

L'influenza, atto secondo: la guarigione


Ho un'amica in malattia, 
la sua mente vola via,
cento sogni dentro il letto,
la trasformano in confetto.

Dieci sogni da ogni lato,
la trasformano in gelato,
Ogni sogno di speranza
la trasforma in una danza,

e danzando ha poi scoperto
che fiorisce anche il deserto,
e così può ripartire,
che vuol dire poi “guarire”! 

mercoledì 27 febbraio 2013

L'influenza


C’era un signore tra Padova e Piacenza,
che si sentì arrivare l’influenza.

Poiché era un uomo molto autoritario,
il fatto non poté che spaventarlo:

non volle mai consigli da nessuno,
pensa un po’ l’influenza di qualcuno!

Così corse di fretta dal dottore,
per convertire il male in raffreddore,

ma il medico era al mare con gli amici
di fronte ad una pasta con le alici.

Il male iniziò quindi il suo decorso,
senza incertezze o l’ombra di un rimorso,

e quando passò di colpo, in pieno maggio,
il tale diventò forse un po’ più saggio. 

lunedì 25 febbraio 2013

Litigare un po'


Litigare un po' tra amici,
certe volte è pure un bene,
perché volano le sberle,
ma in compenso son sincere.

Se le sberle fanno male
anche peggio fa il rancore,
ma alla fine ci si stanca
e si scopre un po' di amore! 

sabato 23 febbraio 2013

Il vecchio e il bambino


Un vecchio e un bambino
si preser per mano,
facevan la strada
guardando lontano.

Di fronte si apriva
una grande pianura:
la gente, felice,
la frutta, matura,

il sole splendeva,
correvano i raggi,
brillavan nel giorno
i più dolci paesaggi.

“Ma questo bel mondo”,
ricordava il vecchio,
“l’abbiamo ottenuto
sudando parecchio.

Un giorno quel cielo
era tutto coperto
di scie degli aerei,
i prati: un deserto.

In case infinite
di ferro e mattone,
vivevan stipate
le tante persone.

Vivevano tristi,
sognando di fughe,
di diventar vecchi
però senza rughe.

Compravan di tutto
lenendo il dolore.
Lavoro? Per forza
e mai per amore.

Finché uno per volta
si resero conto
dei pochi potenti
al governo del mondo.

Che mille problemi
eran solo pretesti,
per i loschi affari
dei pochi più lesti.

E il giorno che questo
fu terso e fu chiaro,
nessuno mai più
li comprò col denaro.

Si alzarono in piedi
con sdegno e furore,
negli occhi la forza
più grande: l’amore.

E mano per mano,
senza ombra di guerra,
marciando in silenzio
ripreser la terra

e fu costruito
con lena e successo,
il mondo di pace
che tu vedi adesso.”

Il gattore

Conosco un gatto,
che è un grande attore,
il primo atto
è tutto d’amore.

L’atto secondo,
lo credereste?
Vien dall’inferno
il gatto a tre teste!

Nel terzo atto,
per buona fortuna,
ritorna gatto
e canta alla luna. 

Il mangiatore di scie chimiche


C’era una volta un uomo
che mangiava le scie chimiche.
Pensava: “questo mondo
per me è arrivato al limite

e questa soluzione
non sarà proprio geniale,
ma se le ingoio io
nessun’altro starà male.”

Così per tutto il cielo
a bocca spalancata,
del fumo grigio e nero
facea una scorpacciata.

Intanto un po’ più in basso
gli abitanti della terra,
stavano molto meglio,
altro che effetto serra!

Ridevano i bambini
capriolando sul prato
nell’aria azzurra e fresca
e niente più inquinato.

Ma intanto il buon signore
al suo dover ben ligio,
piange e tossisce forte,
diviene tutto grigio.

E quando anche i polmoni
diventan di alluminio
la storia è divenuta
di pubblico dominio.

Si domanda: c’è qualcuno,
tra i più grati e di buon cuore
pronto ad unirsi ad altri
per salvare il salvatore?

venerdì 22 febbraio 2013

La stella della buonanotte


Conosco una stellina
che abita su Alfa sette,
per girare un po’ il mondo,
si è infilata le alette.

Con le ali colorate,
fatte di arcobaleno,
fa tutto l’universo
e indietro, in un baleno.

Così se apri le tende
e sbirci di nascosto
tu la vedrai che splende
come sempre al suo posto. 

giovedì 21 febbraio 2013

La filastrocchia

Il fialstrocchio
non è che un occhio
che va su un cocchio
insieme a Pinocchio.

La filastrocchia
prima ti adocchia
poi ti incapocchia
in una pannocchia

Li segue a ruota
la filastroca
che intanto gioca
al gioco dell'oca.

Insieme a loro,
molto distratto,
ecco si affaccia
un bel filastratto

(giunto dal regno delle idee,
per navigare sulle alte maree).

Manca qualcuno?
Son filastutte!
Più sono belle,
meno son brutte!

Una storia senza molare

C'era un signore che aveva una morale molto incisiva, solo che aveva anche un molare molto incisivo e questo creava parecchia confusione nelle arcate superiori e inferiori dei suoi denti: un incisivo giù di morale, ad esempio, basta a volte a mettere il malumore in tutta la bocca, mentre un incisivo meno incisivo di un molare si potrebbe considerare amorale, creando comunque un incidente. Bella forza, direte voi, un incisivo, per forza di cose è incidente! Vero, ma ci avete pensato che basta togliere un dente, ad esempio per far contento il topolino, e dell'incidente non rimane che un minuscolo "inci". È morale questo? O bisognerebbe molare questo incisivo prima di mollare il colpo? 
Meno male che, per buona fortuna di questa storia, è bastato il timido "pit" di un clacson per trasformare il nostro "inci" in un nobilissimo incipit, anche se di cosa, è un'altra storia.

mercoledì 20 febbraio 2013

La musica nascosta (oppure: "La buonanotte canterina", a piacere)


Sol per dire buonanotte,
fa la nanna e fanne a frotte,
mi diverto in ogni sogno,
mi riposo, ne ho bisogno!

Do così la buonanotte,
la do tanto e la do a frotte,
e leggendo in verticale,
hai le note per cantare!


Il trisogno


Ho sognato un bisogno, ma l’ho sognato una volta e mezza, per cui in totale ho sognato un trisogno.
Forse per questo, all’interno del sogno, del bisogno e anche un po’ del trisogno,  avevo un’espressione trisognata.
Un’espressione trisognata è un’espressione in cui il numero tre ricorre almeno tre volte, due in più di una e poco meno di quattro.
Ma non quattro alla volta, quattro una volta e basta.
C’entra qualcosa?
Non lo so, ma tanto stai sognando, può succedere qualunque cosa.
O forse, invece, possono succedere tutte?

lunedì 18 febbraio 2013

Un collo d'acqua dolce


I manicarretti, sono dei dolci fantastici con le ruote. Chi li tira è un cavallo a ciondolo, che sta proprio al collo di Lucia. Un collo dolcissimo, solcato in lungo e in largo da piste di dolciumi:
in lungo ci sono i manicarretti a pedali, che più pedalano e più sono dolci. Alcuni campioni sarebbero in grado di zuccherare da soli il Mar Ionio, con tanto che è bello salato!
In largo invece ci sono le trote d’acqua dolce. Sarebbero trote, ma l’acqua era così dolce che sono diventati manicarretti anche loro. Dalle pinne sono spuntate le mani, e di carretti ne hanno costruiti alcuni di zucchero candito, altri di uno zucchero filato che filava tanto che hanno dovuto inseguirlo.
Questo accade sul dolcissimo collo di Lucia e dico, a buon ragione, che suo marito Lanceslao è ritenuto uno degli uomini più fortunati del mondo. 

domenica 17 febbraio 2013

Un invito sbagliato


Ti invito a cena di buona lena,
ma l’invitato mi si è sbagliato: 

così di primo ha portato un capretto,
che bruca e bela, proprio perfetto!

Aggiungo poi che – era cena per due –
mi si è piazzato in soggiorno un bue.

Bela il capretto con mezza malia:
“Ch’è, lo lasciavo alla fattoria?”

Così per cena, neanche a parlarne,
non si è mangiato un boccone di carne,

ma il bue e il capretto, che mai non sbaglia,
han degustato posate e tovaglia. 

Gli omini di cielo


Un giorno, levando il capo,
di poco sopra un melo,
ho visto ovunque in aria
degli omini di cielo.

Erano tutti azzurri,
simpatici per giunta,
chi a forma di canestro,
chi di mucca appena munta.

Passavano correndo,
tra le teste e sopra i tetti
schivavano i nuvoloni,
con dei cerchi perfetti.

A volte si fermavano,
restando seri seri,
questi omini, ho scoperto,
sono i nostri pensieri.

Non tutti, a dire il vero,
ma perlomeno quelli
che volano leggeri
perché sono un po’ più belli.

Tutti gli altri, mi pare,
stanno molto più in basso,
sono a terra e a guardarli
sono omini di sasso.

venerdì 15 febbraio 2013

L'uomo di lettere


Conoscevo un importante uomo di lettere: una C che guardava il cielo gli faceva da sorriso. Una A bella piazzava faceva da busto e gambe. Camminava piano e, per aiutarsi, forse gli ci sarebbe voluta una "f" ma, poiché il signore aveva il pallino dei bastoni, preferiva usare usare una piccola i, stringendo per giunta il pallino a mo' di pomello.
L’uomo fumava una pipa che era, ovviamente, una P, mentre un’altra bella P gli faceva da berretto, riparandogli il capo dal sole nelle più calde giornate di luglio.
Sapete cosa rese questo signore l'uomo più felice della terra? Nel mezzo dell'afa estiva, decise di tuffarsi in un enorme dizionario italiano, dove ritrovò tutti, ma proprio tutti i suoi cari: i parenti, gli amici, gli avi e i discendenti e scoprì che, in qualche modo, tutti quanti erano uomini e donne di lettere!
il signor Osvaldo, ad esempio, era così contrariato che come bocca aveva una z. Un operaio a poche pagine di distanza, anziché la f o la i, usava come bastone una enorme V che gli sarebbe venuta buona come trivella, caso mai ci fosse stato da rompere l’asfalto.
L’imponente O del naso della signora Peppina l’aveva resa celebre fin dalle elementari e, verso le ultime pagine, si lesse persino del re Veceslao, seduto sul trono tanto a lungo che il suo corpo diventò una h piccola piccola, che alla fine quasi tutti dimenticarono.
Che stupore provò il nostro signore, a vedere così chiaramente che ogni persona è una magnifica disposizione di lettere; e corrono in mille forme, colori, caratteri, ma in fondo sono sempre le stesse. 

mercoledì 13 febbraio 2013

La bambola di pezza


C’era una volta una bambina che si era imbambolata a guardare una bambola che si è imbambinata a guardare una bambina che si era inalberata a guardare un albero che si era a sua volta imbambinato a guardare un frantoio che era un po’ affranto, perché gli dispiaceva vedere la gente inalberata, anche se erano alberi. In questo caso poi, dato che non si era inalberato nessun’albero ma una bambina, ancora peggio. Per buona pace del frantoio, la bambola si animò per risolvere la situazione (poco prima si era imbambinata, che è un modo un po’ più soffice di animarsi): saltò dalla sedia, aprì un occhio e anche l'altro, aprì tutte le orecchie che aveva (erano due), atterrò sulle ginocchia della bimba e, mentre questa si riscuoteva lentamente, le diede un gran bacio sul naso con le sue piccole labbra di pezza. 

martedì 12 febbraio 2013

Carlo il mio Tarlo


Conosco un tarlo
di nome Carlo,
fora il foraggio,
bruca il formaggio.

Il bruco Alberto,
dal viso aperto,
ha in testa un tarlo
che non è Carlo,

però è Michele
e in Israele
lo accompagnò
(si andò in metrò).

In Israele
Giorgia la mucca,
guarda il foraggio
fare la muffa,

ma con i fori
del vecchio Carlo,
forse è riuscita
un po’ a profumarlo:

dai buchi passa
l'aria più fresca,
è aria speciale,
è aria di festa!

sabato 9 febbraio 2013

Gli elefanti rosa


Gli elefanti rosa sono degli elefanti-fiore, che si piantano e crescono se li innaffi. In realtà crescono anche se non si piantano e non la piantano mai di crescere. 
La proboscide sta nel terreno a mo’ di gambo e le gambe stanno per aria a mo’ di proboscide. Capirete da voi che questi elefanti hanno un importante obiettivo: girarsi, prima che tutta la linfa gli vada alla testa. Così, prima che qualcuno se accorga, iniziano a dare tanti colpetti di bacino e piano piano girano tutta la terra. Loro hanno un po’ di sollievo, tra le case però arriva la sera. Fortuna che esistono tanti elefanti rosa quante regioni del mondo, così che la terra continuare a girare, girare, girare...

giovedì 7 febbraio 2013

Il poeta silvestre

C'era una volta un poeta silvestre, che va molto distinto dal poeta Silvestro, che va molto d'istinto nel senso che è istintivo. Il poeta Silvestro, del poeta silvestre ne ha sentito parlare ma non gliene importa poi molto, dato che lui sta in città. Ma dato che è istintivo, gli ha spedito due lettere molto distinte, nel senso che una è una A, l'altra invece una F. Con la F il poeta silvestre ci ha arato un campo, divenendo così un poeta agreste, ma poiché era un campo visivo dovette recarsi da un ottico per smettere di vedere tutto a righe. L'ottico, però, per una fortunata coincidenza era un fiorista e dopo la seduta il poeta silvestre vide finalmente tutto rose e fiori. La sua poesia ne guadagnò moltissimo, perché diventò viva come è viva la vera bellezza. Per ringraziare il poeta Silvestro, rispose alla sua lettera dichiarando che la A ricevuta era era la A di amico, la F quella di Fratello e che tra campagna e città non c'è nessuna differenza se solo c'è in comune un po' di poesia.

mercoledì 6 febbraio 2013

Filastrocca gialla gialla


Filastrocca tutta gialla,
per chi corre gambe in spalla,
vede il sole e i raggi gialli,
guarda il cielo e pesta i calli,

sono amici delle calle,
(ovviamente calle gialle).
Giallo giallo e profumato,
è lo scialle che ho comprato,

l’ho pagato in oro giallo,
giallo ride e canta il gallo,
canta forte sullo scialle
e son tutte note gialle! 

domenica 3 febbraio 2013

Arrestare il sistema


Ho in mente un bel computer
fatto a forma di mondo,
solo che se si guasta,
siamo noi che andiamo a fondo.

“La prego, signor tecnico,
non vede che problema?”
“Signora, qui non resta
che arrestare il sistema.

Poi mentre è tutto spento,
pian piano mettiamo a posto,
ma intanto attenta bene,
non tocchi il tasto rosso.

Se no il suo apparecchietto,
in meno di un momento,
sarà fuso per sempre,
altro che solo spento!"

Così questo sistema
(non è il solo che abbiamo)
o lo arrestiamo subito
o siam noi che ce ne andiamo.

Poi quando lo arrestiamo,
sta a noi metterlo al fresco
(magari guardato a vista
da un pastore tedesco)

oppure stiparlo bene
su un’astronave di scorta
dargli un calcio, ma forte
e chiudere la porta. 

La filastroppa


Filavo della stoppa,
mi uscì una filastroppa.
“Non sarà mica troppa?"
mi disse un'albicocca

“Io proprio non saprei”
continuò sempre lei.
Così ne feci meno,
e dal mio filastreno

staccai sette vagoni
(valevano milioni), 
ma ne valse la pena,
perché in capo alla schiena

mi uscì una filascotta
al gusto di ricotta.
Di colpo l’assaggiai...
Ci credi? mi scottai!

Pagai così lo scotto
di un piatto troppo cotto
che per restare saldo
si finse troppo caldo.

Però saldò anche il prezzo
di questo brutto vezzo
e tra duemila fusa
mi chiese filascusa!

sabato 2 febbraio 2013

La gucca


C’era una volta una mucca sana come un pesce. Un’altra volta c’era un pesce sano come una mucca, che però era malata. Non solo: il pesce come cui la mucca era sana, era un pesce gatto, e poiché il gatto si è mangiato il pesce, è rimasto solo un gatto, per quanto bello sazio.
Dunque abbiamo un pesce (gatto o topo, a piacere) malato come una mucca e una mucca sana come un gatto.
Ma così si rischia di fare confusione, è cioè:
una mucca più un gatto fa matto, o affamatto, cioè un matto affabile, o affamato, cioè un affabile del Mato Grosso, o comunque non proprio piccolo.
Gatto più mucca fa gucca, che quando guggisce fa: “Guuuuuuuuuuuu” e la si sente in Tanzania e in Perù.
In Tanzania però non ci sono le mucche, che sono rimaste a casa giacché malate, né gucche, rimaste a casa perché galate, né zucche, rimaste sotto lo zerbino per via di una zuccata che non era proprio zucchero. In compenso, il Perù è pieno di Zulù che si sono trasferiti (un bel problema, perché per trasguarire dovrebbero trascurarsi, ma il risultato è tutto l’opposto) su consiglio della mucca che se già stava male prima, capite voi quanto sarà stata a pensarci. Difatti non ci ha pensato, ma a volte le decisioni migliori si prendono proprio così.